La vita, a volte, segue dei percorsi che acquistano significato solo alla fine. Sin da quando si erano conosciuti, Nadia e Jose parlavano di formare una famiglia. Lo facevano partendo dalla convinzione che, prima di tutto, avrebbero fatto ricorso all’adozione internazionale e, successivamente, a quella biologica. Ciò nonostante, la realtà finì per imporsi sull’immaginazione.
Desideriamo raccontarvi la loro storia, per tutta la forza che emana, e li abbiamo intervistati a casa loro. Nadia è incinta di 32 settimane. Il cammino non è stato per niente facile. Ha realizzato il suo sogno grazie all’ovodonazione, la donazione di ovuli.
Jose: “Quando arrivò il momento, avevamo poco più di 30 anni e cominciammo l’iter per l’adozione. Il processo si dilatava, però non ci stressavamo, perché credevamo che prima o poi ce l’avremmo fatta, fin a quando il paese che avevamo scelto bloccò le adozioni e ci ritrovammo ad affrontare la realtà. Avevamo più di 35 anni. Cominciare un altro processo di adozione avrebbe comportato altri 5 anni di attesa.”
Nadia: “Ci prendemmo il nostro tempo. Ero convinta di volere essere madre prima dei 40 anni. Alla revisione ginecologica dei 37 anni, lo stato della mia riserva ovarica risultò buono, cosicché decidemmo di aspettare ancora un po’. Ciò nonostante, ai 38 anni cadde in picchiata e mi diagnosticarono una riserva ovarica bassa.”
Quando vi recaste al Centro di Riproduzione Assistita che soluzioni vi proposero?
Jose: “Il Dr julio Herrero fu molto franco e realista. Potevamo fare 3 cicli di FIVET per cercare di ottenere una quantità sufficiente di ovuli e aspirare a un 5% – 20% di probabilità di gravidanza. O potevamo optare direttamente per l’ovodonazione.”
Nadia: “Anche se è vero che avevamo pensato all’adozione e il vincolo biologico non era tanto importante per noi, non fu facile accettarlo e passai tutto il pomeriggio a piangere. Poi chiamai mia madre e un paio di amiche, con cui parlammo a lungo dei miei sentimenti.”
Come avete elaborato questo sentimento, questo lutto biológico?
Nadia: “A dir la verità, iniziai una terapia con una psicologa, que mi aiutò molto, come pure il libro di Samantha Villar, «Madre hay más que una» (Madre ce n’è più di una), in cui l’autrice si apre totalmente e racconta la sua esperienza come madre di gemelli per ovodonazione.”
Jose: “Per sostenerla, le proposi di utilizzare il seme di un donatore. In questo modo, il neonato non sarebbe stato biologicamente di nessuno dei due. Lei, però, rifiutò.”
Nadia: “All’inizio mi preoccupava l’aspetto físico e volevo che quanto meno assomigliasse a lui.”
La gravidanza ti ha cambiato? Ora non ti preoccupa più il carico genetico della donatrice di ovuli?
Nadia: “La psicóloga mi propose un esercizio molto interesante. Mi fece fare una lista delle qualità che mi sarebbe piaciuto che avesse mio figlio. Quando terminai di scriverla, mi resi conto che non c’era una qualità che avesse a che fare con le sue caratteristiche fisiche. Volevo che fosse una buona persona, gentile, felice, altruista, con il senso dell’umorismo, etc.
Non mi preoccupano i geni che possa ereditare dalla donatrice. So che nostro figlio avrà i nostri tratti e i nostri valori. Quello che realmente mi preoccupa è il modo in cui venga trattata la donatrice e il tabù sociale che esiste intorno all’ovodonazione.”
E come credi che vivono tutto il processo le donatrici di ovuli?
Nadia: “La verità è che passare per una donazione di ovuli non è cosa da poco. Devono impegnarsi con il trattamento, condurre una vita ordinata e sana e prendere dei farmaci per stimolare l’ovulazione. Non è certo una cosa da tutti. Al centro di riproduzione mi hanno infuso coraggio durante tutto il processo e la selezione delle candidate.”
Voi, però, volete mantenere l’anonimato. Perché?
Jose: “Ne abbiamo parlato a lungo. Pensiamo che dobbiamo proteggere la privacy del nostro futuro figlio, finché sia lui a decidere se parlare o no della sua origine biologica. Naturalmente, alle visite mediche dobbiamo spiegarlo, però è una decisione che non spetta a nessun altro.”
Nadia: “Per esperienza, so che chi è madre per ovodonazione ha bisogno di conoscere altre donne che stanno passando o sono passate per lo stesso processo, per questo ne stiamo parlando con te adesso. Come madre, però, so pure che ci sono decisioni che spettano anche a mio figlio. Non sarà un problema spiegargli, quando sarà il momento, che un’altra donna ci ha aiutato a concepirlo, lo faremo gradualmente e adeguando l’informazione alla sua età.”
Ci auguriamo che testimonianze come quella di Nadia e Jose aiutino a “destigmatizzare” l’ovodonazione. Sapevate che nel 2015, stando ai dati della SEF, sono nati in Spagna più di 4700 neonati, grazie alla donazione di ovuli?
Se avete dubbi o desiderate contattare altre madri per ovodonazione, scriveteci.